Scorporo e ribasso dei costi della manodopera tra precedente e nuovo Codice
di Valeria Boscolo Fiore
Il Consiglio di Stato, con sentenza del 9 giugno 2023, n. 5665, coglie l’occasione dell’impugnazione di una sentenza del TAR Puglia-Lecce inerente al ribasso offerto in relazione ai costi della manodopera per puntualizzare che l’art. 41 del D.Lgs. n. 36/2023, pur prevedendo lo scorporo dei costi della manodopera dall’importo assoggettato a ribasso, fa salva la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale.
- Il fatto e il procedimento di primo grado.
Il secondo classificato in una gara per l’affidamento di servizi sociali ha impugnato l’aggiudicazione contestando che la prima classificata avesse offerto un illegittimo ribasso sul costo della manodopera nonostante, a suo giudizio, la lex specialis di gara ne facesse espresso divieto.
Tale lettura era basata sul fatto che la stazione appaltante aveva suddiviso l’importo a base di gara in due macro-voci, quali il costo complessivo del servizio e le spese generali, includendo i costi della manodopera in quelli del servizio, che non erano soggetti a ribasso.
Il giudice di primo grado, aderendo alla tesi del ricorrente, ha accolto il ricorso, sancendo che la stazione appaltante si sarebbe autovincolata ad attribuire un punteggio all’offerta economica esclusivamente in termini di ribasso del costo quantificato per le spese generali, “avendo evidentemente ritenuto che il costo del personale sia fisso ed inderogabile”.
- La decisione del Consiglio di Stato
Nella sentenza in esame si dà atto, innanzitutto, che l’offerta economica dell’aggiudicataria ha riguardato esclusivamente le spese generali – ribassate del 99% – e non il costo del personale, conformemente a quanto previsto nella lettera d’invito.
Il Consiglio di Stato statuisce, poi, recisamente che l’interpretazione della lex specialis di gara fornita dal TAR non è corretta in quanto non si sarebbe potuto prevedere –a pena di nullità della clausola stessa– un divieto di indicare costi aziendali della manodopera inferiori a quelli presunti quantificati dalla stazione appaltante.
La sentenza di primo grado, infatti, confonde e sovrappone il costo teorico medio della manodopera volto a quantificare l’importo a base di gara ai sensi dell’art. 23, comma 16, del D.Lgs. n. 50/2016, con il costo effettivo della manodopera indicato dal concorrente nell’offerta ex art. 95, comma 10, del D. Lgs. n. 50/2016.
Invero, se la clausola della lex specialis imponesse il divieto di ribasso sui costi della manodopera, la clausola stessa sarebbe illegittima perché in violazione dell’art. 97, comma 6 del D.Lgs. n. 50/2016 – che impone l’inderogabilità solamente dei trattamenti salariali minimi e dei costi della sicurezza – e del principio della libera concorrenza negli appalti pubblici.
Peraltro, diversamente opinando, il divieto indiscriminato di ribasso sulla manodopera avrebbe i seguenti effetti:
- la standardizzazione dei costi verso l’alto;
- la sostanziale imposizione del CCNL individuato dalla stazione appaltante al fine di determinare l’importo stimato dell’appalto;
- la sostanziale inutilità dell’art. 97, comma 6, del D.Lgs. n. 50/2016, sopra citato;
- l’impossibilità, da parte della stazione appaltante, di vagliare l’effettiva congruità in concreto delle offerte presentate dai concorrenti tenuto conto che:
- con riferimento al costo della manodopera indicato, la stazione appaltante deve verificare l’eventuale scostamento dai dati tabellari medi con riferimento al “costo reale” (o costo ore lavorate effettive) comprensivo dei costi delle sostituzioni cui il datore di lavoro deve provvedere per ferie, malattie e tutte le altre cause di legittima assenza dal servizio;
- l’obbligatoria indicazione dei costi della manodopera in offerta e la correlativa verifica della relativa congruità risponde all’esigenza di tutela del lavoro sotto il profilo della giusta retribuzione;
- l’indicazione dei costi della gestione e delle spese generali seppure indicate in misura esigua, impinge in valutazioni di merito sottratte al sindacato giurisdizionale nella misura in cui la stazione appaltante ne ha ritenuto la congruità e attendibilità, alla luce del generale principio sul carattere globale e sintetico di tale giudizio, per cui un sospetto di anomalia per una specifica componente non incide necessariamente ed automaticamente sull’intera offerta, che deve essere comunque apprezzata nel suo insieme, con un giudizio globale e sintetico di competenza della stazione appaltante;
- la valutazione di anomalia dell’offerta va fatta considerando tutte le circostanze del caso concreto, poiché un utile all’apparenza modesto può comportare un vantaggio significativo sia per la prosecuzione in sé dell’attività lavorativa (il mancato utilizzo dei propri fattori produttivi è comunque un costo), sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l’impresa dall’essere aggiudicataria e dall’aver portato a termine un appalto pubblico, cosicché nelle gare pubbliche non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta deve essere considerata anomala, al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulta pari a zero.
- Brevi considerazioni sul divieto previsto nel Nuovo Codice e conclusioni.
Il Consiglio di Stato, al fine di supportare la corretta interpretazione fornita della lex specialis di gara, risultata contraria a quella individuata dal TAR in primo grado, cita l’“inversione di rotta” introdotta dall’art. 41, comma 14, del D.Lgs. n. 36/2023.
Infatti, seppur il Nuovo Codice preveda espressamente che “i costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato a ribasso”, è comunque fatta salva la possibilità per il concorrente di dimostrare che un eventuale ribasso anche sul costo della manodopera sia derivante da una più efficiente organizzazione aziendale.
In conclusione, quindi, il Consiglio di Stato conferma i principi consolidatisi sul “vecchio” D.L.gs. n. 50/2016 in relazione alla distinzione tra costi della manodopera, costi del personale, trattamenti salariali minimi e costi della sicurezza, nonché sulla discrezionalità di valutazione della stazione appaltante in merito alla congruità dell’offerta, confermando la possibilità di ribassare i costi della manodopera in sede di offerta e, al contempo, apre uno spiraglio anche giurisprudenziale sulla possibilità di offrire una riduzione sui costi della manodopera nella vigenza del “nuovo” D.Lgs. n. 36/2023.